La febbre durante la chemioterapia può essere un sintomo dovuto alla tipologia di trattamento utilizzato, oppure può rappresentare un segnale che necessita di specifico intervento medico. Vediamo insieme le ragioni per cui può manifestarsi e cosa fare in caso di febbre durante la chemioterapia.
Febbre e chemioterapia: le ragioni
Si parla di febbre quando il corpo raggiunge una temperatura più alta del normale. La temperatura corporea normale è compresa tra 36 e 37,2 gradi e si mantiene entro questi limiti grazie a complessi meccanismi di regolazione.
La febbre non è una malattia, ma un sintomo. Nella maggior parte dei casi, rappresenta la risposta dell’organismo all’infezione di un agente patogeno (virus o batteri): il corpo induce un innalzamento della temperatura corporea per facilitare la risposta delle difese immunitarie.
Questo vale anche nel caso di febbre durante la chemioterapia: potrebbe trattarsi del segno di un’infezione batterica o virale in corso.
Febbre e chemio: correlazioni
La chemioterapia e la febbre sono a volte correlate: esistono infatti alcuni farmaci biologici che, tra i loro effetti collaterali, riportano la cosiddetta flu-like syndrome, o sindrome simil-influenzale, caratterizzata per l’appunto dalla comparsa di febbre e altri sintomi come debolezza o dolori muscolari, tipici dell’influenza.
La comparsa di febbre durante la chemioterapia rappresenta un evento da non sottovalutare. Molti farmaci chemioterapici, infatti, determinano una riduzione di alcune cellule del sangue, deputate alla difesa dell’organismo da agenti esterni. In questo caso, si parla di neutropenia, ovvero appunto una riduzione del numero di globuli bianchi, che comporta quindi una maggiore suscettibilità nei confronti delle infezioni.
La neutropenia febbrile rappresenta un evento relativamente frequente nei pazienti affetti da neoplasia in corso di trattamento chemioterapico. Si tratta di una complicanza potenzialmente pericolosa per la vita e che richiede un rapido e preciso intervento medico. In caso di neutropenia febbrile, infatti, il rischio è quello di sviluppare rapidamente un’infezione grave e talvolta mortale, particolarmente in caso di attacco da batteri Gram-negativi.
La neutropenia febbrile è definita come una temperatura corporea di circa 38,5 °C o superiore, mantenuta da più di 1 ora, in concomitanza con conta dei neutrofili (cellule del sangue deputate alla lotta contro le infezioni) inferiore a 500/mm3.
Febbre e chemioterapia: cosa fare
In caso di febbre superiore ai 38°C la cosa giusta da fare è contattare il proprio medico e notificare la situazione.
In alcuni casi, potrebbe essere necessario il ricovero ospedaliero.
Il medico potrà aiutarvi prescrivendo alcuni medicinali, tra cui:
- Antibiotici, in caso di infezione batterica
- Fattori di crescita granulocitari ricombinanti; hanno la funzione di stimolare la produzione di globuli bianchi da parte dell’organismo, per combattere in modo più efficace l’infezione in corso
- Anti-piretici, utilizzati una volta che la fonte dell’infezione sia chiara, per ridurre il malessere
- Paracetamolo, per combattere l’infiammazione e ridurre il sintomo.
Febbre e chemioterapia: come prevenirla?
Se il vostro trattamento chemioterapico può indurre la flu-like syndrome è fondamentale essere a conoscenza di quali farmaci vengono utilizzati per la chemioterapia e se questi possono provocare sintomi tipici della flu-like syndrome.
Nel caso in cui un effetto dei farmaci che state assumendo sia quello di ridurre il numero dei globuli bianchi, può essere una buona strategia quella di monitorare la vostra temperatura corporea un paio di volte al giorno.
In alcuni casi, è possibile mettere in atto una profilassi con fattori di crescita, nel caso in cui ci sia un alto rischio per il paziente di sviluppare neutropenia febbrile. Si tratta di una decisione presa dallo specialista, in relazione alla condizione specifica di ogni singolo paziente e alla tipologia di trattamento chemioterapico in corso.
Fonti:
