Chemioterapia: come affrontare gli effetti collaterali psicologici

Quando si sente parlare di chemioterapia spesso si pensa agli effetti collaterali che questa ha sul corpo e sull’impatto estetico di un individuo. La perdita dei capelli, primo fra tutti, è l’effetto collaterale più evidente, ma non sono da sottovalutare anche le alterazioni che la chemioterapia provoca su mani, piedi, unghie e alla pelle di viso e corpo, che risulta secca, desquamata e necessita di specifiche creme per xerosi.

Queste alterazioni cutanee spesso possono rendere difficile compiere anche i più piccoli gesti quotidiani, con un importante impatto anche dal punto di vista psicologico. Durante e dopo i trattamenti di chemioterapia possono emergere però anche dei cambiamenti dal punto di vista cognitivo dei pazienti. Perdita di memoria, ridotta capacità di trovare le parole, difficoltà a fare cose diverse assieme o imparare nuove.

Si tratta di una condizione, quest’ultima, definita chemobrain, ovvero un offuscamento mentale causato dagli effetti neurotossici dei farmaci assunti.

Poiché questo fenomeno si somma agli effetti prodotti dal cancro dal punto di vista della penalizzazione della qualità di vita, è bene che sia diagnosticato precocemente e che siano messe in atto strategie di trattamento e stili di vita opportuni. 

La difficoltà che spesso si presenta nel riconoscere i sintomi del chemobrain e la mancanza di esami specifici per diagnosticarlo con certezza legittimano la necessità che si stabilisca fra medico oncologo e paziente una relazione aperta e continua, nell’ambito della quale quest’ultimo si senta libero di esprimere il senso di disagio e manifestare eventuali interrogativi sulle sue condizioni psichiche.

Molto spesso, infatti, la persona malata di tumore è portata a sottovalutare le manifestazioni psicologiche, ritenute nella comune mentalità trascurabili rispetto ad esso. Così facendo, non ne parla al medico e non mette in atto le strategie opportune per minimizzare l’impatto sulla sua vita privata e professionale. Per supportare il paziente nel proprio percorso è possibile prendere parte a sedute di gruppo o dedicate con lo psiconcologo, figura specializzata nell’elaborazione di emozioni e traumi legati al cancro. 

Quali sono gli effetti collaterali psicologici della chemioterapia

La chemioterapia può indurre, attraverso un’azione sul cervello, profondi cambiamenti nella maniera di pensare, ragionare, apprendere e lavorare che mettono a rischio l’equilibrio mentale del paziente. La causa sembra consistere nel danno alla microglia, la popolazione cellulare di supporto ai neuroni, indotto dai farmaci assunti per trattare il tumore.

Oltre alla chemioterapia, altri medicinali ricompresi nelle categorie impiegate in ambito oncologico possono contribuire al deterioramento cognitivo: fra questi, i sedativi ipnotici prescritti per migliorare l’equilibrio del sonno e alleviare l’ansia (per lo più antistaminici e benzodiazepine), gli antiemetici (impiegati per trattare nausea e vomito) e gli antidolorifici (come gli oppiacei). 

Il cervello chemioterapico, così viene anche definito il chemobrain, è una sorta di annebbiamento mentale diffuso che può incidere sulle relazioni sentimentali e sociali, sulle performance professionali e sommarsi al cancro nel peggioramento della qualità di vita. Si tratta di una condizione caratterizzata da scarsa capacità di attenzione e concentrazione, lentezza nell’elaborazione delle informazioni, prolungamento dei tempi di reazione e dunque rallentamento di tutte le attività. 

I pazienti possono avere problemi nell’organizzazione del proprio lavoro e delle questioni pratiche della vita privata e possono non riuscire più a fare ciò che facevano prima di iniziare la terapia. 

Talvolta, oltre agli effetti collaterali tipicamente psicologici, permangono i disturbi del sonno, che accentuano il senso di fatica.

In molti casi, il chemobrain diventa una condizione stabile nel tempo, che necessita di un monitoraggio periodico attraverso esami di neuroimaging.

Quali sono le componenti che possono incidere sul chemobrain

Il senso di affaticamento riferito dai pazienti oncologici in chemioterapia è descritto come una forma di stanchezza indipendente dalle attività svolte nel corso della giornata. Questa astenia è dovuta in parte al tumore e in altra parte agli effetti neurologici delle terapie. La fatigue correlata ai farmaci include stanchezza, spossatezza, dolori alle gambe, difficoltà a salire le scale o a camminare, difficoltà di respirazione anche quando si sta svolgendo un’attività leggera e non faticosa, insonnia, ipersonnia, difficoltà a compiere normali attività, a concentrarsi, senso di frustrazione, ansiadepressione.

In aggiunta agli effetti collaterali neurologici e psicologici direttamente perpetrati dalla chemioterapia, occorre tenere conto delle carenze nutrizionali e di idratazione spesso presenti nei pazienti, che derivano dalla malattia e dall’inappetenza legata ad essa e ai farmaci assunti. Questi deficit nutritivi possono partecipare a peggiorare il quadro psicologico.

Quando la paziente entra in menopausa per effetto delle terapie, si verifica anche una repentina (e non naturale) variazione dell’equilibrio ormonale che giustifica in parte le ripercussioni sullo stato psichico.

Gestire gli effetti collaterali psicologici della chemioterapia

I pazienti che, nel colloquio con il medico, comprendono in maniera precisa cosa sta succedendo nella loro testa e sono in grado di ricollegare questi effetti psicologici alla chemioterapia reagiscono meglio e gestiscono in maniera più appropriata il chemobrain. Questo è il risultato condiviso delle ricerche condotte nel settore.

Sapendo che si tratta di una reazione (relativamente) nota e diffusa, queste persone riducono le aspettative verso se stesse e verso le proprie performance e con esse anche il senso di frustrazione che deriva dal disattenderle.

Non essendo disponibili test specifici per rilevare questa condizione, diventa ancora più importante la relazione medico-paziente, che deve essere aperta e permettere a quest’ultimo di esprimere eventuali dubbi, interrogativi e preoccupazioni relativi al proprio stato psichico. 

La tendenza a minimizzare, spesso messa in atto dal paziente o dal medico, non aiuta, ma peggiora la situazione. Fingere che il problema non esista o prenderlo in considerazione senza attribuirgli la giusta dimensione può solo aumentare il senso di frustrazione.

Chemobrain: cosa fare per stare meglio

Se sei in chemioterapia e il medico lo ritiene opportuno, può esserti utile seguire trattamenti di training finalizzati al miglioramento delle abilità cognitive (come quelle visuo-spaziali o della memoria). In presenza di un’indicazione, puoi accedere ad un supporto di tipo cognitivo-comportamentale

Potrebbe essere importante apprendere tecniche veloci cosiddette di rescue, come la respirazione addominale, che contribuiscano a ridurre rapidamente il livello di stress nei momenti critici. 

Il multitasking è un approccio sconsigliato, perché causa abbastanza precocemente un sovraccarico nel cervello. Se ti concentri su un compito alla volta permetti al tuo cervello di investire in maniera più efficiente le risorse, ottimizzando lo sforzo e massimizzando la performance. 

Puoi anche provare a individuare modalità di organizzazione personale che riducano la tensione in vista di un evento importante o di un appuntamento di lavoro particolarmente impegnativo.  Se pensi che avrai difficoltà a seguire una riunione, un discorso, registralo e riascoltalo con più calma quando hai tempo. 

Non rinunciare alle relazioni sociali perché frustrato dal chemobrain: riduci, piuttosto, il carico degli impegni (uscite, riunioni), se fatichi a tenere il ritmo, ma mantieni attive in altro modo le tue connessioni sociali. 

Anche l’esercizio fisico può esserti di supporto: migliorando l’irrorazione sanguigna dei tessuti, contribuisce a facilitare il defaticamento e ad aumentare le capacità mnemoniche e di pensiero.

Se il tuo medico ne individua la necessità, è bene che ti sottoponga a controlli mirati a individuare la presenza di eventuali squilibri che potrebbero rappresentare fattori confondenti rispetto alla diagnosi di chemobrain e che richiedono un trattamento specifico. In generale, il monitoraggio assiduo da parte di uno specialista ti aiuta a seguire uno stile di vita appropriato e finalizzato a minimizzare il rischio di tossicità neurologica.

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