Psoriasi: come trattarla durante la chemioterapia

La psoriasi (dal greco psōríasis, “condizione di prurito”) è una patologia infiammatoria solitamente a carattere cronico e recidivante della cute. La sua patogenesi è multifattoriale, con un’importante componente genetica e immuno-mediata.

Psoriasi: alcuni dati

Studi epidemiologici hanno stabilito che la psoriasi interessa circa 14 milioni di persone in Europa e circa 125 milioni di persone nel mondo, in un rapporto uomo: donna pari a 1:1.2. La sua incidenza nella popolazione varia in base al gruppo etnico ed è maggiore negli individui di origine europea rispetto a quelli di origine asiatica o africana.

In Italia, la prevalenza della psoriasi nella popolazione è poco meno il 3%, pari a circa due milioni di pazienti. Di questi, una porzione calcolabile nell’ordine del 10-20% soffre di forme medio-gravi mentre un’altra frazione che si aggira intorno ad una percentuale dello 0.1 è interessata da varianti molto gravi e complicate, come la psoriasi eritrodermica e la psoriasi putulosa generalizzata.

L’insorgenza della psoriasi si manifesta prevalentemente in due fasce d’età: 20-30 anni (psoriasi precoce); 50-60 anni (psoriasi tardiva).

 La psoriasi fa parte delle patologie infiammatorie immuno-mediate (IMID). Nella sua forma più comune, la malattia si manifesta con placche eritemato-squamose, di forma rotondeggiante o ovalare, margini ben demarcati, localizzate principalmente sulle superfici estensorie del corpo, come gomiti e ginocchia; a livello della regione lombosacrale; nel cuoio capelluto e nelle regioni palmo-plantari.

Il quadro clinico della psoriasi può essere variabile; esistono alcune forme cliniche gravi, quali la psoriasi pustolosa generalizzata, la psoriasi eritrodermica e la psoriasi artropatica, che possono avere una prognosi sfavorevole quoad vitam o un decorso clinico invalidante (psoriasi artropatica).

La gravità della psoriasi

La gravità della psoriasi è valutata con diverse scale clinimetriche. La misura più comunemente adottata dai dermatologi per definire lo stadio della malattia e monitorare l’efficacia delle terapie nel corso del tempo è il PASI, acronimo di Psoriasis Area Severity Index (indice di gravità della psoriasi per aree). Il PASI è un elenco numerico che attribuisce un valore all’estensione della psoriasi e di altri segni clinici, attribuendo un punteggio alle aree del corpo colpite e considerando l’estensione delle lesioni, lo spessore delle placche a chiazze, l’intensità dell’eritema e della desquamazione.

Il punteggio va da 0 a 72: un valore di PASI inferiore 10 indica una psoriasi lieve; un valore da 10 a 20 definisce una psoriasi moderata e moderata-grave. Per un PASI oltre il 20, la psoriasi è grave. Il PASI presenta tuttavia svariati limiti, poiché non distingue tra differenti pattern di distribuzione delle lesioni, non permette di valutare differenti sottotipi clinici, riflette un giudizio soggettivo e perde di sensibilità nelle forme meno estese. Per questi motivi, in alternativa o in concomitanza con il PASI, spesso lo specialista adopera altri metodi di valutazione della gravità clinica della psoriasi come ad esempio il BSA (Body Surface Area) – parametro che misura l’area coinvolta in relazione all’intera superficie corporea – e il PGA (Physician Global Assessment) – indice descrittivo complessivo di valutazione della gravità delle lesioni.

Le opzioni terapeutiche per la psoriasi

Le opzioni terapeutiche per la psoriasi sono numerose e spaziano da trattamenti locali a sistemici. Tra i trattamenti topici ci sono i corticosteroidi. La potenza del corticosteroide è scelta in base all’estensione e alle sedi coinvolte. Man mano che le lesioni si riducono i corticosteroidi devono essere applicati con minore frequenza o potenza, in maniera da ridurre al minimo il rischio di atrofia locale, di formazione di smagliature e di telangectasie. Generalmente, dopo circa 3 settimane, il corticosteroide viene sostituito con un emolliente, un analogo della vitamina D3 o un inibitore della calcineurina.

Questa sostituzione limita gli effetti collaterali dei corticosteroidi e previene la tachifilassi (diminuzione della risposta a un agente dopo un successivo dosaggio). Altri trattamenti topici aggiuntivi comprendono emollienti, creme o unguenti a base di vaselina o oli vegetali idrogenati. Questi prodotti aiutano per ridurre la desquamazione e raggiungono la massima efficacia quando applicati 2 volte/die, immediatamente dopo la detersione.

Ovviamente nel trattamento della psoriasi è clinicamente importante la valutazione della presenza simultanea di altre patologie, che vanno ad incidere sulla qualità della vita e che possono rappresentare un ostacolo per molte terapie ad esempio malattie infiammatorie croniche intestinali, patologie oculari, malattie metaboliche e disturbi di natura psicologica.

Psoriasi e terapie oncologiche

Un aspetto da non sottovalutare nel soggetto psoriasico è la compresenza di disturbi della pelle diversi dalla psoriasi. Nei pazienti sottoposti a terapie oncologiche, ad esempio, la cute soffre spesso di secchezza estrema, bruciore, prurito e desquamazione – tutte condizioni causate dai farmaci chemioterapici che, se da un lato hanno migliorato la prognosi in termini di sopravvivenza, dall’altra generano nuovi effetti collaterali a carico della pelle, compreso il peggioramento di una già presente psoriasi.

Gestire la psoriasi durante la chemioterapia, non vuol dire intervenire solamente sull’assunzione di farmaci specifici, ma anche seguire buone abitudini per la cura della pelle e del nostro benessere.

Cura della pelle

Una corretta igiene è senz’altro un appuntamento quotidiano per ogni paziente.

Per la pulizia è bene preferire la doccia al bagno, utilizzare acqua tiepida ed evitare detergenti aggressivi. Quest’ultimi spesso contengono tensioattivi, profumi, parabeni, isotiazolinoni, oli minerali, siliconi, peg, profumi e allergizzanti – sostanze che possono aggredire la pelle e irritarla. È indicato l’impiego di prodotti specifici per le pelli secche e delicate, come emulsioni fluide a base di lipidi di origine vegetale che detergono la cute per affinità, senza alterare il naturale strato idrolipidico cutaneo. Se invece della doccia si preferisce il bagno, la raccomandazione è di non stare in ammollo per molto tempo: dieci minuti sono sufficienti ed evitano irritazioni e pruriti. Quando si esce dalla doccia o dalla vasca, è buona cosa asciugare con cura tutto il corpo, tamponando, in modo da preparare la pelle all’applicazione di creme emollienti, lenitive e nutritive.

Igiene 

Curare l’igiene del viso, dei capelli e delle unghie è di particolare importanza poiché di tratta delle zone del corpo più visibili con le quali si entra in contatto con le altre persone.

Un’altra area del corpo che richiede un approccio igienico specifico è zona genitale purtroppo non esente dalla comparsa di manifestazioni psoriasiche. In questi casi un consulto con il dermatologo è indispensabile per farsi consigliare prodotti specifici da applicare e utilizzare con attenzione in parti così delicate.

La detersione e l’idratazione richiedono l’impiego di prodotti specifici, come creme, emulsioni e sieri a base di acido glicirretinico, ceramidi, acido ialuronico, urea, burri e olii vegetali – tutte sostanze dall’azione lenitiva, idratante e calmante; l’obiettivo è di mantenere la pelle idratata, creando un film protettivo, che permette di ridurre prurito e desquamazione.

Tra gli altri interventi per la gestione della psoriasi durante la chemioterapia (e non solo), c’è quello dietetico. Bere molta acqua (2 litri/die) è senz’altro un’ottima pratica per mantenere un adeguato livello d’idratazione.

Psoriasi: consigli per l’alimentazione

Per quanto riguarda i cibi, esistono alcuni alimenti che sono sconsigliati o addirittura vietati in caso di psoriasi, perché agiscono come allergeni, causando una reazione tossica nell’organismo. Tra i cibi sconsigliati ci sono le fragole, pomodori, melanzane, patate, peperoni, crostacei, calamari, alcolici, spezie piccanti, aceto di vino, caffè, zucchero e dolci. Esistono, poi, alcuni alimenti a cui fare attenzione come, ad esempio, funghi, fagioli secchi e lenticchie. Inoltre, non tutti i frutti e le verdure sono indicati, tant’è che vanno consumati moderatamente avocado, mirtilli, ribes, prugne, susine, mele crude, banane, nocciole e meloni. 

Tra alimenti consigliati perché possono aiutare l’organismo a reagire meglio all’infiammazione ci sono le mele cotte, albicocche, ciliegie, fichi, uva, pompelmi, limoni, arance, pesche, papaia, pere, ananas, kiwi, mandorle (circa 5 o 6 al giorno), cicoria, radicchio, zucca amara, cetrioli, insalata, spinaci, fagiolini, zucchine, lattuga romana, patate dolci (che non appartengono alla categoria delle solanacee come le patate normali che sono invece sconsigliate), salmone, sardine, tonno, sgombro, branzino, merluzzo, pesce persico, sogliola, pesce spada, miglio, avena, orzo, grano saraceno, riso integrale, segale, semola. Infine, è bene evitare di consumare carne rossa (non più di una volta a settimana), preferendo pollo e tacchino. I cibi fritti, le uova e anche i latticini sono una categoria rischiosa: meglio latte, yogurt e formaggi magri.

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